C’è stata ieri a Napoli, organizzata dall’assessore Palmieri una bella celebrazione per Don Milani. Bella perché non è stata una celebrazione ma la continuazione di un racconto attraverso le parole dei tanti che in luoghi e tempi diversi sentono di realizzare qualcosa del messaggio di Don Milani. Molte parole di speranza e di responsabilità. Quando è stato il mio turno ho detto più o meno quel che segue.
Ho amato più voi che Lui
Questa frase – pronunciata sul letto di morte – esprime il massimo della religiosità ed insieme il massimo della laicità.
Il massimo della laicità perché esprime l’amore umano per i suoi ragazzi e al tempo stesso la sua fede, come se fosse l’amore per l’altro a generare la fede e non il viceversa che è la lettura dei credenti ribadita anche dal papa.
Vorrei partire da questa affermazione per sostenere che alla radice dell’impegno di Don Milani c’è uno stato contemplativo.
Lo stato contemplativo consiste nel “guardare con assorto e intenso interesse”;
Profonda concentrazione della mente ed elevazione dell’anima sopra ogni modo ordinario di conoscere, fino a una cognizione semplice e affettiva di Dio. (dal vocabolario Treccani)
Lo stato contemplativo è un modo speciale di conoscere che comporta una sorta di identificazione nell’altro. Nel caso del misticismo religioso è una conoscenza semplice ed affettiva di Dio. Ma esiste anche un misticismo laico che si esprime in molti modi ed è sintetizzato dall’espressione di Wittgenstein che nel negare che la ragione possa dire alcunché su Dio, dice che la religiosità si esprime nel “la meraviglia perché il mondo c’è”. La meraviglia sospende ogni spiegazione razionale, ogni tentativo di comprensione, ogni tentativo di impadronirsi di ciò che si guarda ma al contrario spinge ad immergersi in esso. E’ ciò che esprime Leopardi quando dice ‘ e il naufragar m’è dolce in questo mare’.
L’esperienza mistico-contemplativa comincia spesso nella solitudine e nel deserto. In tutte le grandi religioni l’esperienza del deserto è fondante. In tempi recenti altri hanno trovato nel deserto questa “conoscenza semplice ed affettiva”: Charles de Foucauld , la cui esperienza è all’origine di un ordine religioso contemplativo e in altro modo il Saint Exupery de “Il piccolo principe”.
L’esperienza contemplativa moderna non porta lontano dalla vita attiva ma al contrario consente di ‘perdersi’ nella complessità urbana mantenendo un orientamento rigoroso verso le mete ultime.
Per questo penso che la frase “ho amato più voi che Lui” sia una frase mistica che esprime questa forma di conoscenza semplice ed affettiva nei confronti degli allievi ed è ciò che fa la differenza tra una amore qualunque ed un amore educativo. La visione contemplativa si avvicina molto alla funzione che nella metodologia dei maestri di strada ha il sogno: luogo in cui con l’immediatezza del linguaggio onirico abbiamo una visione dei giovani “come oggi non sono”. (frase che proviene da una poesia di Danilo Dolci che noi abbiamo adottata come nostro programma sintetico)
Anche Don Milani forse ha raggiunto questo stato contemplativo perché è stato confinato in un deserto e lì ha dovuto fare appello a tutta la forza interiore per resistere e trovare una ragion d’essere e lo ha fatto specchiandosi nei suoi giovani allievi.
Usiamo dire che nelle nostre periferie i giovani e noi stessi incontriamo ‘il deserto dei significati’ ed anche noi è necessaria un’esperienza contemplativa per riuscire a contemplare il sogno senza farci distogliere dalla giungla di ostacoli che si interpone tra il nostro lavoro educativo e la sovranità degli allievi.
Nel lavoro educativo la reciprocità è fondamentale e pochi mettono in evidenza quanto aiuto i bambini di Barbiana abbiano dato al loro priore, per dare senso alla sua vita, per riempire la sua solitudine, per resistere ai tentativi di tenerlo ai margini. Così i nostri educatori, maestri di strada, riempiono la loro vita con quella dei nostri giovani e confusi allievi di periferia, così insieme cerchiamo di uscire dal ghetto – “sortire assieme è politica” dice Don Milani – che oggi coinvolge insieme ai figli di nessuno e anche tanti giovani che vivono le nuove emarginazioni prodotte da una società sempre più escludente.