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Scuola estiva 2014 – Primo seminario

Scuola Estiva Maestri di Strada – Seconda edizione
Lungro (Parco del Pollino) 14-17 luglio 2014

Il seminario si realizza in 4 sedute lungo tre giornate:
Lunedì 14 luglio sera – Arrivi e benvenuto
Martedì 15 luglio – 2 sedute
Mercoledì 16 luglio – 2 sedute.
Giovedì 17 luglio escursione paesaggistica e naturalistica nel parco del Pollino con guide specializzate

Stiamo organizzando la nostra scuola estiva. Pur parlandone da molti mesi non siamo riusciti a programmare bene le scadenze e quindi molti si sono organizzati diversamente, tuttavia abbiamo un buon numero di partecipanti e contiamo di riuscire a fare qualcosa di buono. Ci teniamo a stare assieme per interi giorni perché sappiamo per scienza ed esperienza che gli scambi informali che accompagnano i momenti di scambio formali a volte sono quasi più importanti e possono cementare in modo più profondo i nostri legami. Per questo lo chiamiamo seminario interno, anche se è aperto a tante persone che abbiamo conosciuto nel corso degli anni e che sembra condividano una metodologia che mette al centro la riflessione piuttosto che una qualsiasi bibbia o manuale tecnico.

Abbiamo quattro sedute in cui discutere e dovremmo scegliere quattro argomenti principali. Ci piacerebbe lasciare questi argomenti sufficientemente aperti da poter trovare solo alla fine il titolo preciso. In ogni modo provo a proporre gli argomenti.

alba 031.    Teatri

Teatri – Da molto tempo il teatro inteso come spazio traslato per esprimere l’umano è entrato nelle nostre riflessioni come elemento fondante di una pedagogia ‘itinerante’. Le scuole e le classi sono luoghi complessi in cui convergono a strati e da molte direzioni desideri e sogni dell’umanità che ci vive, tra gli altri il bisogno di rappresentarsi e di sperimentare ruoli. Nella vita di una classe posiamo individuare copioni già scritti, canovacci da riempire, nuove trame da elaborare. Quando riusciamo a guardare in distanza il confuso agitarsi dei tanti inconsapevoli attori ci accorgiamo che molti stanno recitando un copione stantio, ripetizione compulsiva di parti di cui si è perso il significato.

Prendere coscienza della propria parte e della commedia che si sta recitando coincide con la creazione di uno ‘spazio di pensiero’ e di parola in cui è possibile uscire dal circolo vizioso degli agiti. Prenderemo le mosse da alcune letture – elaborazione di scene di vita vissute nel nostro lavoro – che ci aiutano a capire come sia possibile trovare un senso ad eventi altrimenti impensabili. Insieme a questo, esperti di teatro ci aiutano a distanziarci dalle parti stereotipate per sperimentare nuove invenzioni sceniche. Sperimentare se stessi in nuovi ruoli è necessario per poter aiutare i nostri giovani allievi a fare altrettanto.

2.    Didattica attiva

Didattica attiva – Uso volutamente il termine didattica piuttosto che pedagogia perché nell’esperienza ormai vasta che abbiamo della vita di classe constatiamo che non solo non sono noti ed applicati i principi di una pedagogia attiva ed inclusiva, ma che le stesse tecniche didattiche non sono oggetto di riflessione e di scelta consapevole. La didattica attiva distribuisce le posizioni di attivo e passivo tra docente e allievo: il modello prevalente è di un insegnante attivo che emette messaggi, propone contenuti e uno studente passivo che ascolta, legge, ingoia; il modello attivo prevede che il docente faccia molto lavoro passivo: ascolto e osservazione degli allievi e delle loro competenze specifiche e trasversali e successivamente non un lavoro di trasmissione, ma un lavoro creativo per progettare un percorso, dare un senso. La didattica itinerante presuppone un vagabondaggio tra le occasioni formative le più diverse, le più informali e fuori dalle righe per trovare appigli, possibili nuclei di senso da sviluppare insieme agli allievi. La didattica itinerante presuppone l’esistenza di ‘guide indigene’ che aiutano a trovare strade e risorse. La partecipazione di ‘maestri di strada’ (esperti di una disciplina o educatori) al lavoro in classe, dove ha funzionato ha avuto il ruolo di innescare un processo di didattica attiva. Su come questo sia accaduto, su quali siano i dispositivi che aiutano lo sviluppo di una didattica attiva vogliamo discutere in questa sessione.

3.    Narrazioni educative

Narrazioni educative – la narrazione è uno dei pilastri del nostro lavoro educativo. Raccontare non semplice cronaca, , espressività o sentimentalismo, ma è una attività creativa che istituisce il sé consapevole. Per noi narrare coincide con la faticosa ricerca di senso, avere un luogo in cui si depositano le cose che viviamo più intensamente, il modo di far errare la mente tra tanti accadimenti finché non riusciamo ad afferrare quello o quelli che sono entrati o entreranno a fare parte del nostro io, del nostro modo di raccontarci. I nostri gruppi di pensiero costruiscono una narrazione di noi stessi, una epica su misura costellata di episodi e battaglie che non hanno senso se non nella distanza, nel filo che riusciamo a stabilire tra gli accadimenti di ieri e quelli di oggi. In questa narrazione ci sono reperti, monumenti, documenti, imprese che chiedono di essere collocati. La collocazione, catalogazione, classificazione dei reperti è essenziale a costruire una buona narrazione. In questa sessione vogliamo quindi discutere di come costruiamo la nostra storia e soprattutto quella dei giovani che accompagniamo nel percorso di crescita. “oggetti pedagogici” molto controversi come il portfolio o la valutazione potrebbero avere un ruolo ed un significato nel costruire una storia di crescita?

4.    Ricerca e cambiamento di sé

Ricerca e cambiamento di sé – La ricerca azione è stata spesso banalmente intesa come esistenza di un processo di adattamento cognitivo che consente di comprendere nuovi fenomeni. In realtà la ricerca azione è la macchina che produce complessità perché non separa il ricercatore dall’oggetto della ricerca, e postula un continuo cambiamento di sé in relazioni ai cambiamenti del campo. Ricercare significa innanzi tutto occuparsi del nostro apprendimento e non solo di quello dei giovani di cui ci occupiamo. Per poter immettere nel nostro sistema di pensiero nuovi elementi è necessario prima cambiare noi stessi, cambiare il modo in cui vediamo e sentiamo esperienze che ad una prima visione ci sono apparsi estranei oppure ostili. Più volte nel corso della nostra attività abbiamo sperimentato che la prima reazione a eventi nuovi ed inaspettati è stato il rifiuto, e solo dopo un faticoso e lento cambiamento si è aperta una nuova comprensione della realtà. In questa sessione vogliamo discutere di quali cambiamenti abbiamo vissuto e di come questo potrebbe portarci a progettare innovazioni e cambiamenti nei progetti che realizziamo.

5.    Gruppi multi visione

Gruppi multi visione – Tutto questo percorso dovrà concludersi con una riflessione su cosa sono i gruppi multi visione e come la loro configurazione si sta evolvendo nella esperienza pratica dei Maestri di Strada. Questo lavoro va adeguatamente preparato e condiviso. Lo faremo in una apposita seduta in settembre quando saranno presenti tutti gli operatori.

Organizzazione e logistica

Per arrivare a Lungro ci sono bus di linea in partenza da Roma e da Napoli, con arrivo a 10 km dalla sede del seminario. Chi giungesse con questo mezzo deve avvisare per essere prelevato alla stazione di arrivo. In alternativa si può arrivare in treno a Cosenza o in Aereo a Lamezia. In questo caso dobbiamo concordare preventivamente se ci è possibile venirvi a prelevare, oppure organizziamo navette a pagamento.

Per chi parte da Napoli abbiamo organizzato un bus che ci porta fino alla sede con partenza alle 15,30 da piazza Garibaldi. Il costo andata e ritorno è di circa 40 euro. Gli operatori Maestri di strada pagano solo un contributo di 10 euro.

La sistemazione per dormire è tipo ostello. Ci sono le lenzuola ma non gli asciugamano. Per chi viene con famiglia ci sono alcune stanze con due o tre letti. Inoltre possiamo organizzare un servizio di baby sitting su tutta la durata delle attività. Gli ospiti non partecipanti hanno un’ampia gamma di possibilità di svago tra cui una piscina con basso costo di ingresso.

Il costo del soggiorno è di 30 euro al giorno comprendenti due pasti, una colazione, un coffee break. Considerando la prima sera e il pranzo del terzo giorno il costo totale è di 90 euro. Gli operatori di Maestri di Strada danno un contributo per il cibo di 30 euro, il resto viene pagato dalla ONLUS con i proventi della vendita libri. LA cucina è basata su prodotti biologici forniti da agricoltori locali collegati in rete con la Fondazione Lungro per Don Milani.

Il terzo giorno è prevista una visita guidata ai monti del parco. Il costo è di 10 euro a persona comprendente il trasporto in quota e la guida autorizzata. Il contributo per le attività di formazione è di 30 euro a persona che per gli operatori di Maestri di Strada vengono coperti dalla ONLUS.

La partenza da Lungro è fissata alle ore 17 del giovedì 17 luglio

Partecipanti

Il seminario è centrato sull’esperienza dei Maestri di Strada di Napoli, ma è aperto a quanti avendo avuto una prima conoscenza della nostra metodologia vogliano confrontarsi direttamente con chi opera sul campo, pertanto invitiamo a partecipare i membri dei ‘gruppi di pensiero’ attivati in alcune situazioni (Napoli, Roma, Cosenza, Genova, Milano, Bologna) e docenti ed educatori che abbiamo conosciuto in altre occasioni.

Possiamo ospitare fino a 40 persone, se avessimo molte richieste sono possibili due opzioni:

  1. alloggiare presso un locale albergo con il quale stiamo negoziando un prezzo scontato
  2. partecipare al seminario che si svolge dal 24 al 27 luglio che ha contenuti analoghi.

 

Seminario estivo 2011- Rispondere dell’educazione

Lungro 15-17 luglio 2011

Introduzione ai lavori

Resistere, testimoniare o innovare?

Copio questo titolo in parte da “Ottavo convegno internazionale La qualità dell’integrazione scolastica Rimini 2011: resistere o innovare?” indetto da Andrea Canevaro e Dario Ianes.

formazione estiva a LungroDal tempo di Don Milani in poi si sono moltiplicati gli esempi e le testimonianze di un metodo educativo centrato sul dialogo di vita con gli allievi.

Ciò che al tempo di Don Milani era opera di persone dotate di profetica visione e religiosa perseveranza è diventato scienza, tecniche, metodo. Molti di noi hanno imparato come si costruisce una visione, un sogno, hanno rivisitato il mito di fondazione dell’educazione e ne hanno tratto una metodologia; molti di noi hanno imparato come si resiste e si cresce nel logorio di schizofrenici comportamenti istituzionali e devastanti agiti adolescenziali.

I progressi della conoscenza pedagogica e psicologica a livello nazionale ed internazionale hanno fornito solide basi scientifiche e metodologiche alle intuizioni profetiche. I fondamenti di una pratica pedagogica responsabile affondano le radici nella pedagogia sperimentale cominciata forse due secoli fa con le osservazioni di Itard e Seguin giunte a noi attraverso la Montessori e Bruner, e nelle conoscenze psicologiche sull’individuo, il gruppo e il sociale che si sono sviluppate a partire da Freud e suoi importanti successori.

 

Dunque senza dilungarci in una rassegna dei fondamenti della responsabilità pedagogica sappiamo che è possibile formare ed organizzare gli insegnanti e altri operatori della conoscenza per lavorare in modo efficace con i giovani, aiutandoli a realizzare se stessi.

Tuttavia il sistema scuola e i sistemi istituzionali che con esso interagiscono non vogliono capire, si attardano in metodi pedagogici non responsabili, in pratiche didattiche trasmissive, passivizzanti, che collaborano alla stanchezza esistenziale, alla nausea per la parola, alla chiusura relazionale.

Le innovazioni didattiche e pedagogiche, quale più quale meno, se tutto va bene vengono incapsulate nel sistema scuola, confinate in ambiti particolari che non incidono sul corpo della scuola e talora sono addirittura dannose. Molti di noi hanno sperimentato come il migliore dei progetti sperimentali senza essere tradotto nel sistema diventa una specie di cisti, un corpo estraneo che prima o poi va rimosso.

Dunque io credo che la questione centrale è come sia possibile fare quello che decine di migliaia di docenti, che lo hanno sperimentato in prima persona, sanno che si può e si deve fare: ritrovare il senso dell’educazione, dell’alleanza primigenia ed elementare tra un giovane che vuole crescere ed un adulto capace di guidarlo sui sentieri della conoscenza del mondo e della conoscenza di sé.

Per fare questo occorre una moratoria mentale dai veleni in circolazione: non parlare della Gelmini, dell’Invalsi, delle riforme, dei tagli, dei precari, dei concorsi, delle classi di concorso, della valutazione, del programma…. Bisogna riconquistarsi una identità professionale che non sia reattiva, reazione alle idiozie del potere, ma autodeterminata, sovrana.

Bisogna anche uscire dalle nicchie in cui ci hanno confinato, vogliamo parlare di scuola ed educazione senza specificazioni, la scuola che deve essere per tutti e che ha un senso se è per tutti se promuove lo scambio e le relazioni di giovani tra loro diversi e che crescono arricchendosi della diversità. Ogni scuola con interlocutori particolari, sia se si tratti di una élite privilegiata, sia che si tratti di una élite specializzata, sia che si tratti di un ghetto, non è una vera scuola, è un luogo in cui si ‘inculca’ e non dove si educa. Il libero arbitrio dell’Uomo non è un concetto per le dispute tra filosofi ma una pratica sociale, un costrutto organizzativo che riguarda primo di ogni altro i giovani che stanno a scuola. Il cittadino sovrano nasce nella nursery in cui i vagiti sono accolti come segnale comunicativo degno del massimo rispetto e non come fastidio per gli addetti ai lavori.

E quindi dobbiamo pensare che ogni idea di sviluppo su linee che non siano quelle della moltiplicazione delle merci e dei servizi mercificati deve ripartire dall’educazione, dalla socialità, dai legami umani che vengono prima dei legami produttivi e delle stratificazioni sociali. Il senso della scuola per tutti è appunto quello di promuovere legami estesi e diversificati, di promuovere una felice interdipendenza gli uni dagli altri che consente di costruire la vita sociale a partire dalle relazioni e non dal possesso di beni. Non stiamo parlando di comunismo o socialismo, ma di un capitalismo che investa in modo profittevole nelle relazioni piuttosto che nelle merci, di una economia civile che contribuisca a contenere l’invadenza dell’economia delle merci e dei grandi capitali.

Stiamo dicendo che si tratta di un obiettivo educativo per tutti da non riservare agli adepti della decrescita, dello sviluppo eco sostenibile e quant’altro i movimenti civili hanno meritoriamente prodotto e producono ancora. Noi educatori non possiamo mai parteggiare, neppure per il partito dello sviluppo sostenibile, il nostro compito è di assumere il valore educativo delle idee innovative e farne un motore dello sviluppo personale e di una presa di coscienza diffusa, di uno sviluppo umano del territorio.

 

Chi fa lavoro educativo nel meridione ha imparato o dovrebbe imparare che l’educazione non può essere per una finalità pratica: il lavoro, nella stragrande maggioranza dei casi non c’è e se c’è è maledetto e tardivo. La nostra scuola nel migliore dei casi prepara al lavoro dipendente, al lavoro burocratico senza iniziativa e senz’anima, non prepara né all’impresa né a saper mantenere un contegno nelle difficoltà.

L’educazione nel meridione potrebbe essere disinteressata non perché aliena da interessi pratici ma perché manca l’oggetto dell’interesse: in realtà forse possiamo mettere al centro l’interesse per sé, per sviluppare quelle capacità di resistenza e di iniziativa che sono indispensabili a sopravvivere in una economia stagnante e contro i giovani.

Viceversa un’educazione che in modo esplicito o implicito coltivi il mito del posto, del lavoro esecutivo crea solo masse di spostati o di quei ‘facinorosi delle classi medie’ che impestano ogni buona iniziativa politica si voglia prendere in queste disgraziate terre. Bisogna che il captale sociale giovanile ed il capitale di conoscenza che nonostante tutto essi hanno accumulato sia rivendicato non per costruire opposizione o consenso, ma per produrre proposte, iniziative, imprese socialmente significative.

Qual è il mito fondante dell’educazione oggi? Promuovere l’eguaglianza dei punti di partenza per una competizione in cui la posta in gioco è talmente sproporzionata che essa si configura piuttosto come un gioco d’azzardo, oppure promuovere le capacità di iniziativa per fronteggiare situazioni difficili? E la formazione professionale serve ad imparare un mestiere o piuttosto ad acquisire quelle abilità trasversali che sono necessarie ad adottare una indispensabile flessibilità nella gestione delle risorse proprie? Fare le cose bene serve solo quando c’è da rispondere ad un datore di lavoro o anche per se stessi? Diventare cittadini responsabili ed attivi è un obiettivo dell’educazione o è un effetto collaterale – ed indesiderato – dello sviluppo economico mercificato?

Come viene ri-disegnata la mappa dei ‘bisogni’ e dello sviluppo in questa ipotesi, come vengono riorganizzati i marcatori della crescita?

Il passaggio all’età adulta u tempo avveniva in questo ordine: lavoro, posizione sociale, vita di relazione – farsi una famiglia – o vale l’ordine inverso? E’ assurdo pensare che si possa trarre un po’ di felicità o scampoli di reddito dai buoni legami sociali ed essere socialmente attivi prima di avere un ‘posto fisso’ o addirittura senza averlo mai? Dobbiamo attenerci al rozzo materialismo – plebeo e borghese – che antepone il possesso di beni al possesso di Sé, o dobbiamo considerare che le relazioni ed i legami abbiano una forza materiale e con essi la cultura che serve a svilupparli e rinsaldarli?

Se vogliamo riparlare di educazione dobbiamo ripartire da qui, dalla riconsiderazione dei pregiudizi sociologici che ci portano a considerare i giovani come la risultante di tutta la storia precedente e di tutte le condizioni sociali e non anche il frutto della libera autodeterminazione sostenuta dal lavoro educativo.

L’impotenza del singolo insegnante di fronte alla prepotenza del potere, di fronte ai sindacalismi imbelli ed accattoni deriva soprattutto dalla sua subalternità ad un modello culturale che interpreta la realtà sociale e culturale come mera risultante di rapporti di forza materiai ridotti al possesso di beni e merci. Il primo a non credere nella cultura, nell’educazione, nella scuola è proprio l’insegnante.

 

Naturalmente non credo che potremo discutere di temi così impegnativi ma dobbiamo almeno essere consapevoli del loro rilievo e avviare un primo confronto.

 

La mia proposta è che dedichiamo il pomeriggio di venerdì a presentare il nostro lavoro senza intrattenersi sui dettagli, ma piuttosto svolgendo osservazioni e considerazioni riguardo a questi temi così come emergono dalle pratiche.

 

I risultati di questa prima ricognizione saranno riassunti l giorno dopo con una slide show riassuntiva che centra i punti di possibile approfondimento.

Il pomeriggio del secondo giorno può essere dedicato a rimettere insieme i punti di accordo per stendere una sorta di carta per l’innovazione educativa e per il ruolo civile della scuola

Presentazione Fondazione

La fondazione Lungro per Don Milani è nata da una donazione dei fratelli Rachele e Tommaso Marotta con l’obiettivo di sviluppare le idee educative e civili di Don Milani. L’azione di Don Milani ha coinvolto nodi centrali per lo sviluppo di una società veramente civile al punto che ispirarsi oggi alla sua azione significa promuovere progetti di ampia portata che coinvolgono l’educazione, l’economia civile, il rapporto con il fare e con la terra.

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Tra i primi obiettivi della neonata fondazione c’è quindi promuovere a tutti i livelli la formazione di giovani e di professionisti che si rendano responsabili verso l’educazione e che lo facciano adottando per metodo la priorità delle pratiche e delle attività produttive reali. Saper fare, prima fra tutte l’agricoltura, è la fonte di un sapere radicato ed il motore di attività riflessive che sono fondamentali per assumere la responsabilità educativa verso i giovani che è inscindibile dalla proposizione di un ideale di vita centrato sulla solidarietà umana piuttosto che su consumi compulsivi.

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In questa ottica la Fondazione Lungro per don Milani ha attivato un progetto ‘Terra Terra” in collaborazione con il parco Educativo di Cosenza e con il MIUR per attivare nelle scuole laboratori permanenti di ‘orto didattico’ finalizzato promuovere conoscenze scientifiche e naturalistiche nonché linguistiche attraverso il fare produttivo e le occasioni sociali che intorno al coltivare e al consumare il cibo prodotto possono organizzarsi. Tale progetto avrà il suo compimento nella realizzazione di campi scuola presso la Fondazione Lungro utilizzando le strutture ricettive di questo e l’orto didattico e il laboratorio naturalistico che sono in corso di realizzazione presso la struttura.

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I partner di questo programma sono molteplici, tra i primi l’Associazione Maestri di Strada che ha investito parte delle proprie risorse finanziarie e progettuali nel sostenere la Fondazione; il Parco Educativo di Cosenza che raccoglie le associazioni che promuovono l’educazione e la partecipazione dei giovani ed il Comune di Cosenza, la rete di scuole che promuove il progetto PON F3 Prototipi di lotta alla dispersione Scolastica il cui capofila è l’istituto comprensivo Gullo.
Il presente progetto intende quindi sostenere la fase di avvio del progetto stesso attraverso il miglioramento e la messa a norma delle strutture logistiche della Fondazione, la realizzazione degli orti didattici e del laboratorio naturalistico.

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Alle pendici meridionali del Pollino …

Orchidea Vesparia fiorita nei campi della Fondazione
Orchidea Vesparia fiorita nei campi della Fondazione
Triturus Carnifex, una rara specie di tritone che ha trovato rifugio nella sorgente che sgorga nei terreni della fondazione
Triturus Carnifex, una rara specie di tritone che ha trovato rifugio nella sorgente che sgorga nei terreni della fondazione

Dove passava un’antica via del sale, ci sono i monti e le valli attraverso cui il massiccio del Pollino degrada verso il mare e la valle del Crati. Boschi incontaminati per decine di chilometri, acque sempre fresche, percorsi in una natura che conserva specie antiche e rare. Qui si sono fermati secoli orsono gli albanesi di Giorgio Castriota Scandenberg e qui due insegnanti fratelli hanno coltivato nel loro animo e in quello dei loro giovani studenti l’idea di una scuola che non si limita a distribuire conoscenze scolastiche, ma che sostiene la crescita dei giovani, come aveva fatto Don Milani, come fanno oggi migliaia di docenti ed educatori che cercano di dare un senso ad un lavoro che troppi vivono con sofferenza.

Tommaso Marotta ha costellato il terreno e la casa di citazioni di Don MIlani e di una singolare toponomastica della mente.
Tommaso Marotta ha costellato il terreno e la casa di citazioni di Don MIlani e di una singolare toponomastica della mente.

Qui per quanto ci è possibile stiamo cercando da qualche anno di dare corpo a questo sogno,  incontrando i giovani, chiamando a raccolta da tutta Italia chi vuole curare l’educazione.